Electro Camp è una piattaforma aperta a nuove produzioni – anche in veste di
lavori in fieri – dedicate alla ricerca delle relazioni tra suono e movimento,
danza, musica e spazio scenico, per avvicinare il pubblico alla scoperta dei
linguaggi del contemporaneo. Curato dall’associazione culturale Live arts
cultures e dalla netlabel electronicgirls, il progetto giunge quest’anno alla
sua quinta edizione e si terrà da giovedì 7 a domenica 10 settembre 2017 presso
C32 performing art work space, all’interno di Forte Marghera,
Venezia-Mestre.
Info e programma completo qui: http://liveartscultures.weebly.com/ec5-2017.html
Un’intervista alle curatrici
Marianna Andrigo, danzatrice e performer e Presidente dell’associazione Live
arts cultures, e Johann Merrich, musicista e ricercatrice, fondatrice della
netlabel electronicgirls, ci introduce al festival.
Electro Camp
festival già con la passata edizione 2016 si è dimostrato essere una
“piattaforma internazionale dedicata alle arti sperimentali dal vivo”. Ora,
alla quinta edizione, cosa rimane dell’approccio che lo caratterizza da sempre
e come si rinnova?
Marianna Andrigo:
Dal suo inizio resta il desiderio di offrire allo spettatore lavori freschi,
approcci di artisti che si lasciano condizionare dallo sguardo stesso
dell’audience dando valore alla composizione in tempo reale. E ancora
l’attenzione verso la cura del suono così come del movimento, posti in dialogo
tra loro come un unico grande corpo visibile e udibile.
Johann Merrich: Un nuovo aspetto per me
molto importante è quello della maggior inclusione; quest'anno ci sono diverse
attività dedicate a varie fasce di età, dal laboratorio di fiabe sonore con
mezzi elettronici dedicato ai bambini condotto da Patrizia Mattioli e Ilaria
Pasqualetto allo yoga rivisitato in chiave notturna guidato da IOIOI. Sono
attività immaginate per far vivere a tutti esperienze nelle arti performative.
Due aspetti chiave del festival sono la
relazione suono-movimento e la possibilità di assistere alla visione e
all’ascolto di lavori che indagano quel legame ma sono ancora work-in-progress.
Quale specificità muovono questi aspetti soprattutto in relazione alla presenza
di un pubblico?
Marianna Andrigo:
La caratteristica dell’ascolto inteso come allenamento a una percezione totale
del momento/luogo in cui viene eseguita la performance: viene assorbito così il
pubblico, lo spazio, i collaboratori, così come gli altri suoni e gli altri
movimenti che ogni spazio contiene.
Johann Merrich: Spesso nell'ambito della danza contemporanea c'è poca attenzione
alle possibilità comunicative che si possono raggiungere mettendo in chiaro dialogo
i suoni e i movimenti. Si tratta dell'esercizio di una pratica ancora poco
indagata, dello studio di un processo di co-creazione in cui il pubblico
riveste un ruolo importante, se non fondamentale; a mio avviso le restituzioni
di feed-back e pareri sono essenziali nella costruzione di nuovi lavori perché
una performance non è costruita per restare tra le quattro mura di uno studio.
Quest’anno il programma molto ricco
prevede, tra gli altri, due appuntamenti d’interesse rivolti al “suono”: un
kitchen concert a cura di Giovanni Dinello, “MASUFURIA YANAIMBA - The pans are singing”, e uno portato da
Arazzi Laptop Ensemble che s’intitola “Until Duchamp is sleepy”. Si può
entrare più da vicino nei rispettivi lavori?
Johann Merrich:
Sono molto felice che ci siano questi due lavori nella programmazione di Electro Camp. Il lavoro di Dinello è una
sorta di instant composition realizzata attraverso i ribollenti suoni della
cucina; Giuseppe Di Terlizzi cucinerà delle piccole pietanze agli
ospiti-ascoltatori e i suoni da lui prodotti saranno processati e ri-composti
in tempo reale da Giovanni.
Until Duchamp is sleepy è invece un piccolo tributo a Solo 23 - 0' 00'' N°2 di Cage. La
particolarità di quest'azione è che vuole essere un momento di apertura del
processo creativo, una finestra dalla quale il pubblico può osservare la
nascita di un lavoro e rivolgere domande ai suoi creatori. Gli ascoltatori sono
invitati nel pomeriggio a visitare l'officina creativa composta da Arazzi
Laptop Ensemble e sei giocatori di scacchi con la possibilità di soddisfare
qualsiasi curiosità. Il brano risultante sarà eseguito durante la serata, poi accompagnata
dalla presenza del violinista Fagiuoli.
Per quanto riguarda il movimento, sono
molti i percorsi e le possibilità aperte al pubblico, che possiamo
approfondire: la presenza della performer Silvia Rampelli per un workshop di
due giorni (il 9 e 10 settembre) ad esempio; poi un laboratorio condotto da due
giovani teenager e rivolto a coetanei – le performer lavoreranno poi con i New
Ladscapes –, ma anche la coreografa Laura Moro e il lavoro di Valentina Milan e
Nicola Di Croce.
Marianna Andrigo:
Il lavoro sul corpo ha inevitabilmente un richiamo all’identità: tecniche ed
esperienze stratificano saperi e dubbi, ogni interprete, ogni artista ha
qualcosa di unico da trasmettere.
La complessità e
la ricchezza degli apporti delle singole identità avvicinano età diverse,
nutrono pratiche specifiche, producono punti di vista soggettivi che
desideriamo avere davanti come un grande panorama dentro al quale muoverci e
curiosare.
Ecco perché gli
ospiti di Electro Camp sono invitati
a rivolgersi anche a specifici gruppi: per qualificare il lavoro del performer
il training con Rampelli, per avvicinare i giovanissimi ai linguaggi
performativi contemporanei il laboratorio con due danzatrici sedicenni, per
avvicinare chiunque alla danza il lavoro di Laura Moro. E poi le performance
serali dove, in molte di loro, musica e composizione coreografica si
relazionano dal vivo seguendo partiture aperte e flessibili.
C’è un legame molto forte con il luogo
d’origine del festival: Forte Marghera, ex-forte militare a Mestre (VE), e in
particolare C32 performing art work space, dove formazione e produzione trovano
“casa” da dieci anni. In che modo Electro
Camp vive gli spazi in cui tutti gli appuntamenti avvengono?
Marianna Andrigo:
C32 è la conversione di un ex officina, probabilmente di falegnameria e
meccanica, in officina per le arti performative: l’essere all’interno di un
parco urbano ora fruibile da tutti ci ricorda continuamente la sfida del fare
cultura, di operare attivamente e continuativamente per contaminare il luogo
con il nostro progetto offrendo eventi e pratiche che possano allargare
l’interesse verso i linguaggi del contemporaneo.
La gradualità
del recupero dell’area, le sue trasformazioni sono parte dei nostri stessi
processi che abbiamo in essere nel dare sempre più una funzionalità precisa e
utile al luogo che ci accoglie, C32 come casa per le arti dal vivo.
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